In un’azienda il vero patrimonio sono le persone che vi lavorano e questo dovrebbero comprenderlo a fondo sia il titolare che i dipendenti o collaboratori.
L’obiettivo dovrebbe essere cercare l’incontro e la reciproca comprensione delle motivazioni che portano ad assumere alcune decisioni o alcune soluzioni.
Un tempo le piccole-medie aziende avevano un atteggiamento “padronale” nella gestione delle Risorse Umane. Il titolare era il capo assoluto e sotto di lui una gerarchia quasi militare. Ancora oggi le persone che lavorano per l’azienda non sono percepite come un patrimonio ma come un costo.
Obbedire ad un ordine è cosa ben diversa dal cercare soluzioni efficaci perché spinti da un’adeguata motivazione.
Motivazione, infatti, è la parola chiave: chiunque lavori per un’azienda ha bisogno di sentirsi importante per la collettività in cui opera, sentirsi parte attiva, magari sostituibile, ma comunque efficace nello svolgimento del proprio ruolo.
Non è una cosa facile per molteplici motivi che vanno dalla sicurezza personale di ognuno, all’esperienza e alla pazienza di tutti. Il segreto nei rapporti umani è proprio la capacità di essere sempre reciprocamente attenti alle intenzioni, alle motivazioni, alle necessità. Essere in ascolto.
Non si tratta di principi etico-morali o religiosi ma semplicemente di far incontrare la domanda e l’offerta. E perché si incontrino devono reciprocamente comprendersi a fondo.
Le aziende vengono fondate per far fruttare il patrimonio non per beneficienza. Gli imprenditori cercano risultati, il ritorno degli investimenti. Ma talvolta non si comprende che non solo gli immobili o i risultati economici compongono il Patrimonio che invece è costituito anche dall’ingegno e dall’esperienza delle persone che lavorano in azienda.
L’azienda quindi non è descritta solo dai suoi parametri economici, patrimoniali e finanziari, ma, soprattutto nel caso delle aziende di servizi, è ulteriormente descritta dalle sue Risorse Umane.
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